Mele

La prima documentazione relativa all’esistenza di una comunità rurale chiamata Mele, Melle o Amele risale al XIII secolo, quando era inserita dapprima nella podisteria e, in seguito, nel capitanato di Voltri, all’interno dei confini della Repubblica di Genova.

Le caratteristiche naturali e geografiche della valle Leira hanno permesso, nel XIV secolo, la diffusione delle ferriere. Dal ferro si passa alla carta, mentre si diffonde la stampa a caratteri mobili e, a partire dal XV secolo, si sviluppano le cartiere dalle quali esce un prodotto di altissimo pregio, diffuso in tutta Europa: ancora oggi è documentato in archivi, biblioteche e musei; tra questi ultimi, il British Museum di Londra.

LE CARTIERE

Per molti secoli i torrenti e le acque abbondanti hanno favorito la nascita di cartiere. Questa industria nacque nel ’400 e si sviluppò a tal punto che, nel ’700, si contavano 60 cartiere nella zona, ognuna specializzata in una particolare produzione: carta pregiata e filigranata, carta per documenti reali e carta per alimenti.

La carta si faceva con stracci di lino e canapa, che, mescolati all’acqua, venivano battute in pile, mosse dalla forza di caduta dell’acqua nelle vasche di pietra o di marmo. Gli stracci sfibrati diventavano poltiglia, chiamata “pisto”, che, passata nei telai e nei feltri, si trasformava in carta.

Mele

MUSEO DELLA CARTA

La testimonianza dell’antico sapere dell’arte cartaia ha fatto si che l’Antica Cartiera Sbaraggia, costruita nel 1756nella frazione di Acquasanta, rimanesse attiva fino al 1985 e, successivamente, diventasse museo.

Il percorso museale segue il viaggio che facevano gli stracci per diventare carta nuova. Le sale del museo sono infatti le stanze dell’opificio e della cartiera stessa e ancora oggi, come se il tempo si fosse fermato, sono visibili i macchinari in uso sino al 1985.

Il Mastro Cartaio, nella visita, illustra tutti gli aspetti di questa antica attività, sino alla realizzazione di un vero foglio di carta fatta a mano.

LE TERME

Le terme, immerse nella splendida cornice degli Appennini, si trovano nella frazione di Acquasanta e nel Comune di Genova Voltri. Sono tuttora funzionanti sia in inverno che in estate, e sono consigliate per patologie delle vie aeree.

ORATORIO DI SANT’ANTONIO ABATE

Questo oratorio risale al XVI secolo, quando il nobile Marco Cattaneo, vicario dell’Arcivescovo di Genova, diede facoltà agli uomini di Mele, di fare una casaccia in onore di Sant’Antonio (1756).

Gli interni sono decorati da dodici dipinti che illustrano la vita di sant’Antonio abate, eseguiti da Carlo Giuseppe Ratti (Savona, 1737–Genova, 1795) a partire dal 1777, incastonati negli stucchi di Rocco Cantoni, che riprendono i motivi floreali allora in voga.

Mele

La più antica cassa processionale qui custodita fu scolpita da un ignoto intagliatore genovese nel 1639, mentre la più preziosa è quella realizzata da Anton Maria Maragliano nel 1739, acquistata nel 1874, in seguito alla demolizione dell’omonimo Oratorio di S. Antonio in Genova.
Nel 1775, fu installato un organo Roccatagliata, rilevato dalla Chiesa Parrocchiale. A fine ’800, fu sostituito dall’attuale organo commissionato a Giacomo Locatelli.
Notevole è anche il coro ligneo, costituito da 20 stalli databili tra la fine del ’600 e l’inizio del ’700.

IL SANTUARIO N.S. DELL’ACQUASANTA

La storia del Santuario ha origini remote, legate alla presenza in zona di acqua sulfurea, un tempo considerata miracolosa. Sembra che già nel XI secolo esistesse una prima chiesa, edificata in prossimità della fonte in seguito al prodigioso ritrovamento di una statua della Madonna, probabilmente, sulle rovine di un tempio pagano dedicato alla ninfa Eja.
I lavori di costruzione del Santuario iniziarono nel 1683, e vi si raccolsero opere di pregio, realizzate da autori quali Anton Maria Maragliano e Francesco Maria Schiaffino (Genova, 1689–1765), un altro importante scultore genovese.
Nel 1832, ospitò le nozze di Maria Cristina di Savoia e Ferdinando II di Borbone.
La facciata presenta diverse opere. Nello scomparto centrale c’è un affresco raffigurante l’Assunta, dentro le nicchie le statue dei santi Pietro e Paolo, della venerabile Maria Cristina di Savoia e della venerabile Giovanna Maria Battista Solimani: tutte queste opere sono state realizzate da Giovanni Battista Traverso. Due lapidi ricordano il matrimonio di Ferdinando e Maria Cristina e la visita di Papa Benedetto XV, quando era ancora Vescovo di Bologna.
L’altare maggiore è opera di Francesco Maria Schiaffino, mentre la statua della Madonna è opera di Tomaso Orsolino (XVII secolo).
Ai lati delle due colonne dell’altare maggiore, sono ubicate due statue raffiguranti sant’Anna e san Gioachino scolpite da Pier Giuseppe Saggini nel 1814.
Vi è poi l’Altare dei Cartai, offerto dagli stessi ai loro santi protettori.
Prima di giungere al Santuario, vi è la Cappelletta dell’Apparizione che accoglie l’antica Statua della Vergine.

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